Duro – più difficile – Celtman
Grazie, Melitta, per la correzione del testo!!!
Articolo nella rivista „Isarco“ 09/2016 vedi: … in fondo della pagina!
Pazza? No, io non mi sento come una persona speciale o come un’eroina. Sono solo una persona normale in cerca di sfide, che possono farmi sentire piú viva. Facendo un allenamento regolare e avendo determinazione tutti o quasi tutti possono raggiungere questi risultati, se si accontentano di non essere sotto i primi.
Dopo che avevo raggiunto alcune distanze di Ironman, ero alla ricerca di qualcosa di speciale. Un documentario televisivo di un evento pazzesco in Norvegia mi ha affascinato, dove atleti si tuffavano all’alba da un traghetto come i lemming nelle acque nere di un fiordo nel nord. Questa gara mi entusiasmava. E a un certo punto ho avuto la conferma scritta in mano: „You are in!“. 2011 mi sono tuffata con 250 altri atleti da 5 metri nel fiordo ghiacciato. Le condizioni erano drammatiche: la marea alta che veniva contro di noi, ció richiese tutte le nostre forze anche per vincere il vento, le onde e la pioggia. Poi siccome la prova di nuoto era stata spostata ad ovest, 200 km in bicicletta. I primi 30 km in bicicletta sotto la pioggia battente. Dopo il cambio T2, bicicletta-corsa, ero al 167° posto ed ero sicura che non potevo più proseguire per la cima del Gaustatoppen e guadagnarmi cosí la maglia nera. Per questo motivo correvo il mio ritmo senza seguire gli altri corridori.
Al mitico incrocio 32,5k infatti ero dentro al cut off, ma ero la prima atleta che non poteva salire sul Gausta e dovevo finire la maratona più in basso. Un atleta che mi aveva sorpassato prima in salita, al Zombie Hill, proseguiva in un gruppo verso il Gausta. Se lo avessi seguito … Ero disperata, la white shirt nemmeno mi piaceva, anche se questa maglia si guadagna con fatica e sudore.
L’anno dopo mio marito mi ha fatto la proposta, di tentare un’altra volta, quindi nel 2012 mi sono buttata di nuovo dal traghetto. L’acqua era gelida, avevo crampi alle mani e ai piedi. Lo split in bicicletta è andato bene, potevo anche godermi il meraviglioso paesaggio. In T2 il tempo era di nuovo stretto: ero al 152° posto fino a quando mi ha superato un gruppo di corridori. Che sfortuna! Ancora una volta solo la maglia bianca? Ma correvo al mio ritmo e sorprendentemente all’inizio della Zombie Hill mi sono spinta in avanti al 142° posto. Non riuscivo a crederci. Di tanto in tanto ho dovuto girarmi e guardare indietro per vedere che non mi seguisse nessuno. Ma no, al „bivio“ mi è stato permesso di proseguire. Che follia! Ma la gara era tutt’altro che finita, anche se tutta la tensione era passata. E la maglia nera era mia!
Un anno senza Tria estrema, perché nell’ Ironman di Francoforte mi sono qualificata per Kona, per i mondiali IM alle Hawaii. Stupendo!
Nel frattempo era stata creata una nuova gara estrema: lo Swissman! 2014, alla prima competizione ufficiale avrei potuto partecipare. Il Norseman era duro, quello svizzero ancora piú difficile. Tuttavia, la gara per me non è stata così stressante, perché tutti quelli che hanno raggiunto il tempo del cut-off, avrebbero potuto raggiungere l’arrivo sotto la parete nord dell’ Eiger. L’ambiente era fantastico, lo sapevo già dalla “Inferno Triathlon”.
Celtman, la terza gara dei mitici tre. Un amico me l’aveva raccontato e le immagini stupende sul sito internet mi facevano sognare. Purtroppo, non sono stata selezionata. Ma grande era la gioia, quando ho ricevuto una mail di conferma. Ero un pochino ingenua rispetto alla gara: Dopo Norseman e Swissman, il Celtman forse non sarebbe stato così difficile … Un caso tipico di „puoi immaginarti!“.
Cosa mi aspettava? Le acque ghiacciate del Loch Torridon, un corso di 200 km lungo in bicicletta probabilmente sotto la pioggia e il vento scozzese? La corsa dura che attraversa le cime, ma non è neanche da sottovalutare il percorso inferiore. Ho avuto dubbi, soprattutto sulla possibilitá di arrivare al km 18 entro le quattro per poter arrivare in tempo al T2A. I miei calcoli hanno dimostrato che sarebbe stato difficile. Caratteristica del Celtman come anche del Norseman e Swissman è che partenza e arrivo sono in località diverse, non ci sono posti di ristoro, ció richiede un supporter che accompagna il proprio atleta per tutta la giornata. Il supporter nella tappa di montagna lo deve addirittura accompagnare correndo.
Dopo un viaggio incredibilmente lungo segue la registrazione a Torridon, un piccolo villaggio sulle rive del Loch Torridon, un Bay atlantico, viene controllato il materiale obbligatorio per la montagna e poi il briefing in inglese – devo ammettere che con le nostre conoscenze esigue dell’inglese non abbiamo capito molto … (che vergogna!! … ma sto lavorando su di esso …)
Swim:
La mattina della gara – alle ore tre nella zona di transizione a Shieldaig, un villaggio sulla penisola Applecross in Wester Ross, sulla costa occidentale della Scozia – ho provato sentimenti mitici. Ho impostato la zona cambio e ora devo dire addio al mio supporter. Gli autobus sono pronti per portare noi atleti verso il luogo di partenza del nuoto. La temperatura dell’acqua e le meduse come immaginato.
Se non fosse così, gli atleti non avrebbero da raccontare niente di interessante nei loro rapporti. Io mi ero premunita e per fortuna mi sono comprata guanti in neoprene che davano almeno un pó calore. Al Norseman senza guanti ho avuto i crampi alle dita, che erano
rigide e tese come le zampe di gallina e non molto adatte per un rapido avanzamento. E la fauna selvatica? Vedo un paio di animali trasparenti sotto di me. Splendidi. Non così male, penso. Mi sento sola. Purtroppo nessuno davanti a me a fare la scia. In acqua questa non è vietata, giusto? Improvvisamente la mia mano tocca un piede. „sorry!“, non ho voluto
avvicinarmi troppo. Alzo la testa e guardo fuori dall’acqua. Ma non c’é nessuno. Ancora una volta sta facendo „rum“. Improvvisamente mi accorgo che ci sono meduse! Ci sono banchi intorno a me. Il mio tempo di nuoto abbastanza deludente: i guanti impediscono fortunatamente il contatto diretto con i jellyfish, però, hanno lo svantaggio che perdo cosí la sensibilitá delle mani. Cerco di evitare che il mio viso venga a contatto con le meduse incrociando quasi le braccia davanti alla testa. L’effetto frenante è perfetto.
Bike:
Ma a un certo punto esco anch’ io dall’acqua. I volunteers mi tirano fuori dall’acqua e barcollo con il mio supporter Hermann al mio posto cambio. È una grande impresa a filarmi dal Neo e mettere i vestiti asciutti. Infine sono sulla bicicletta. Hermann raccoglie tutta la mia roba e mi segue in auto. La sua funzione e principalmente quella di darmi da mangiare e da bere durante lo split bici ma anche quella di scattare delle foto. Il percorso ciclistico è meraviglioso, ma 202k sono lunghi e i 2000 metri di dislivello si sentono nelle gambe. Menomale che non c’è il vento come al solito. Ogni tanto faccio il calcolo dei tempi: ora sono ad un quinto del percorso e continuando così potrei farcela, ora sono ad un quarto e mi sembra buono. Perdo un sacco di tempo cercando il mio supporter al parcheggio dell’albergo, dove i supporter sono invitati a un buon breakfast. Lui invece mi stava aspettando in strada. Ogni tanto Hermann era parcheggiato vicino la strada. Il compito per un one-man-support-team non è facile: se scatta delle foto, io come atleta avrei bisogno di qualcosa, se invece sta lì ad aspettarmi e mi offre bibite o barrette, sono io che lo accuso di non scattare foto del bellissimo panorama. Un lavoro ingrato …
A metà strada i miei calcoli sui tempi sono buoni, purché le condizioni non cambino negli ultimi chilometri. Penso al vento che nelle ultime edizioni soffiava fortemente. Sto già pensando alla corsa successiva. Chiedo a Hermann di preparare anche la mia Garmin 910XT. L’avevo addosso in acqua e dovrebbe essere nel sacco cambio. Quale Garmin? L’orologio é scomparso. Come si puó correre senza orologio? Hermann continua e va a preparare la prossima zona di cambio, ma prima deve trovare uno dei rari parcheggi. Sto percorrendo gli ultimi chilometri in bicicletta, sento una leggera brezza che mi rallenta e le mie gambe in realtà non hanno più voglia di sforzarsi. Come posso sopportare i primi 5k di corsa in salita e poi i 13k in discesa sotto pressione di tempo? C’è molto traffico davanti a me: probabilmente questo indica che l’area di transizione si avvicina. Finalmente!
Run 1:
Cambio velocemente. Miliardi di fastidiose mini-zanzare mi fanno la vita difficile. Poveri supporter che devono aspettare a lungo i loro atleti. E già sono sul percorso – senza orologio GPS che mi avrebbe potuto mostrare l’avanzamento. Si corre in salita fino al Colin-Pass. Sorprendentemente lo raggiungo abbastanza velocemente. Ora ho ancora 15 km davanti a me e quasi un’ora e tre quarti. Non riesco a trovare il mio ritmo in discesa su una pista segnata da profonde corsie. Ripetutamente
faccio i calcoli. 15k diviso per 1,8h o viceversa? Il mio cervello si rifiuta, ma così passa il tempo. Passa peró troppo velocemente … E se impegno otre 7 minuti per un chilometro? Ce la farei? E a quale velocitá comunque sto correndo? Che fatica! Uffa… senza orologio … Il sentiero sta finendo e inizia una strada con ghiaia molto irregolare. Correre qui è molto difficile per me. Mi sorpassano diversi corridori con passi lunghi. Hanno molta fretta … Cioè, dovrei quindi anch’io correre più veloce? Non ho nessuna voglia di accelerare. Poi finalmente un posto di ristoro. Chiedo alla ragazza quanto è lontano fino al T2A: solo 4 miglia. Il mio cervello si dá di nuovo da fare: convertire miglia in chilometri. E quasi un’ora di tempo mi è rimasta. Cerco di attaccarmi a due atleti. Uno inciampa e cade. Sono di nuovo sola. Calcolo di nuovo: Posso raggiungere il cambio prima delle quattro? Accelero di
nuovo anche se non ne ho più voglia. Facendo un salto per attraversare un ruscello cado a terra anch’io, per fortuna nel soffice muschio bagnato. Vorrei sdraiarmi e riposare. Questa idea mi sembra molto attraente. Ma non posso farlo in nessun caso, mi alzo e continuo a correre. Ho cercato di fare amicizia con il pensiero di dovere proseguire sulla „via bassa“ invece di attraversare le tre cime. Questo peró
non sarebbe una buona opzione, perché perderei la “maglia blu”. Peggio ancora, perché questo percorso sarebbe percorribile e il mio supporter ha problemi alle ginocchia.
Un altro motivo per impegnarmi: Hermann è stato seduto in macchina tutto il giorno e per questo sarei felice per lui se potesse fare una gita in montagna con una panoramica spettacolare. Per questo dovevo impegnarmi al massimo pensando soprattutto a lui. Pensieri su pensieri vorticavano nella mia testa. Dietro la curva successiva improvvisamente vedo piloni dell’elettricità. Lì dovrebbe iniziare la strada asfaltata. E ancora 3 km. Chiedo agli spettatori lungo la strada che ore sono. Ho ancora un mezz’ora. Ciò significa che posso impiegare 10 minuti per chilometro. Avrebbe potuto essere fattibile, anche camminando in salita. Poco tempo dopo incontro Hermann, che mi sorride felice. Ci siamo quasi.
Run 2:
Dieci minuti prima del termine siamo arrivati al T2A. Health Check: rido in modo un po’ esagerato, dico che finora non ho fatto fatica …, hahahaha. Dopo aver fatto anche il controllo dello zaino, ci lasciano passare e siamo di nuovo on tour. Ora tocca a noi salire 900 metri in ripidi tornanti. Ci dobbiamo sbrigare un pochino, perché esiste un altro cut off: 1:45 ore. Sto molto bene. La salita mi sembra facile. Tuttavia, abbiamo solo una piccola bottiglia di bevande e poco da mangiare. Comunque io non ho fame e la miscela di succo di mela e Coca Cola non riesco quasi a sopportarla. Ma quando abbiamo fatto la valigia il giorno prima abbiamo pensato che una volta passati al T2A, la gara sarebbe stata quasi finita e cosí non abbiamo preso in considerazione che saremmo stati ancora in giro per più di 6 ore – a piedi.
Arrivati sulla prima cresta ci aspetta un suonatore di cornamuse. Stupendo! Da ora in poi abbiamo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e la maglia blu è assicurata. Dobbiamo scendere. Ma il sentiero – dove è? Salto da pietra a pietra. In lontananza si vede una cima con nient’altro che piccoli uomini. Dobbiamo ancora salire lassù? Il mio sguardo va più a destra, dove su una lunga cresta c’e un’altra cima, si vedono anche lí delle persone piccolissime. Così lontano … Continuiamo. E dopo un pó arriviamo sul punto più alto. In discesa abbiamo una zona di traffico a doppio senso e ora siamo noi quelli che possono dire: „Coraggio, non è più lontano!“ E improvvisamente ci troviamo nell’abisso, dove un canale conduce in ripida discesa. E ricordo che lo avevano infatti detto al briefing. Dovremmo stare molto attenti ai sassi, il pericolo di poter cadere non era il tema, vero? All’orlo della grondaia con piccoli salti dobbiamo scendere con cautela. Un passo falso e “adieu”. Noi come capre di montagna siamo abituate di fare questi percorsi, ma come sará per gli atleti di cittá, che non abitano in montagna? Sotto di noi il sole si riflette in un bellissimo lago. Infine senza sentieri in discesa arriviamo sulle rive del lago. Hermann meno male aveva ormai trovato una fontana. Che bontà l’acqua fresca! Adesso possiamo seguire un sentiero. Secondo mé lungo questo sentiero non si puó correre. Ho paura di farmi male. Se ci si distrae e si inciampa si cade tra i massi. (Questa era una decisione studiata dopo aver visto il giorno successivo il volto martoriato di un atleta, che era scivolata sul viso). Così abbiamo ancora molti chilometri di cammino davanti a noi.
E anche le ginocchia del mio supporter stanno meglio senza corsa. Noi due siamo soli. A lunga distanza dietro di noi ci sono ancora alcuni team, ma a quanto pare anche loro non hanno fretta. Alla fine arriviamo in strada e come avevo previsto, nemmeno qui ho più voglia di correre. Raggiungo Claudio Ciceri con i suoi supporter, anche loro senza ambizioni e chiacchierando, proseguiamo insieme – naturalmente a piedi. Una donna ci sorpassa, é Ann Le Bek. Non importa. All’ingresso del paesino Torridon la strada non porta direttamente all’arrivo, ma in un anello lungo la riva che alla fine sale di nuovo. Decido di correre gli ultimi metri perché sento arrivare un altro team dietro di noi.
Dopo 17:49 ore passo sotto l’arco dell’arrivo sentendo gli applausi (si, alle ore 11 PM ci sono ancora degli spettatori). John, l’organizzatore mi abbraccia e mi dà una bottiglia di “Celtman! Competitor’s Ale”. Mmmhmm! Il mio supporter Hermann dopo la lunga giornata mi abbraccia. Well done! Ecco fatto! Ora sono allXtri!!! Non sono stata veloce, ma ho finito lo Swissman e sono riuscita ad ottenere il Norseman black- e Celtman blu-finisher-shirt. Sono orgogliosa e fiera di me! E dicono che insieme con Alex Mietschke sono la prima donna che riesce ad entrare nella hall of fame, nella quale fino adesso ci sono solo 15 maschi.
epilogo:
No, non mi sento come un eroe o un super-atleta. Mi alleno perché lo sport mi fa bene e perché mi diverto a partecipare agli eventi speciali. Sono consapevole di aver avuto fortuna nel Celtman. Le condizioni climatiche erano ideali e così anch’ io ero in grado di raggiungere la maglia blu. Un ringraziamento speciale lo devo al mio super-supporter Hermann. Senza di lui tutte queste gare estreme non sarebbero state possibili. Grazie anche agli organizzatori del Celtman! Siete bravissimi!!
Bellissimo anche il party domenica sera. Grazie ai molti suggerimenti nei chat.
Il film ufficiale: